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La Fase Due

Scritto da PCI Fed. Brescia.

 

 

Un' analisi di Lamberto Lombardi (Comitato Centrale PCI - Fed. Brescia)

La frenesia di arrivare subito alla cosiddetta Fase 2 della gestione dell'epidemia, ovvero ad una riapertura parziale e progressiva del Paese, riconosce alcuni motivi, se non nobili, comprensibili, ma purtroppo anche troppe pressioni esercitate dagli stessi soggetti la cui credibilità sta a zero dopo che sono stati protagonisti delle medesime pressioni affinchè manco si aprisse la Fase 1.

Sono pressioni destinate a far mancare la lucidità necessaria agli amministratori ormai poco avezzi a tenere a bada le intemperanze degli imprenditori, sono pressioni che hanno già causato migliaia di morti.

Quindi urge, fra gli umani, fare il punto di quello che si sa, delle conoscenze acquisite durante tutta questa crisi sanitaria, per poter porre con lucidità degli scenari credibilmente positivi agli italiani.

1)L'unico provvedimento, che era anche l'unico possibile e a portata di mano, che ha impedito un tragedia peggiore è il contenimento, il distanziamento, l'isolamento delle persone. Ovunque si sia tardato o non si siano applicate queste misure la curva statistica del numero di infettati è lentissima a scendere. Questo isolamento collettivo può essere progressivamente ridotto solo in presenza di un azzeramento sostanziale dei nuovi infetti e dei decessi di Fase 1. Ma questo isolamento ha funzionato solo parzialmente e solo nell'autodisciplina collettiva, di popolo, mentre per quel che concerne le attività produttive si sa che molte aziende non hanno mai chiuso, che molte hanno riaperto senza corrispondere ai protocolli e che, soprattutto, mai nessun controllo è stato effettuato.

2) Il primo fattore di mortalità è stato dato dall'intasamento delle scarse strutture sanitarie adatte alle emergenze. Si è giunti in breve a far divenire le strutture ospedaliere delle bombe a orologeria in cui l'impossibilità di isolare adeguatamente i malati ed il personale ha funzionato come amplificatore del morbo piuttosto che come strumento di attenuazione. Solo un raddoppio dei letti per terapia intensiva e il raddoppio del personale ad essa dedicato può metterci al sicuro rispetto ad una recrudescenza dell'infezione, oltre che una disponibilità totale di tutti gli strumenti di messa in tutela del personale sanitario. Abbiamo ottemperato a queste necessità? E lo abbiamo fatto su tutto il territorio nazionale?

3) Il secondo fattore di mortalità in ordine di impatto numerico è stato dato dal quadro patologico peculiare di questo virus, quadro che è determinato da una massiva produzione di microcoaguli che producono i loro danni a livello polmonare, renale, cardiaco e cerebrale. La comprensione di questo processo patologico è recente ed è in grado di dare risultati molto positivi in funzione dei nuovi protocolli terapeutici che si stanno approntando. E' questa una acquisizione definitiva e condivisa?

4) La mappatura degli infetti e degli indenni è uno strumento fondamentale per affrontare qualsiasi futura evenienza legata a questa infenzione. Lo si sta facendo?

 

Ora, nella situazione attuale, è probabile che l'insieme di migliorie oggettive, approntate pur in questo in modo assolutamente non coordinato, determini una riduzione sostanziale del tasso di mortalità per il futuro. Ed è altrettanto probabile che una riduzione di questo tasso di mortalità possa venire presa come un via libera alla normalità. Vuol dire che, in un caos gestionale sostanziale come questo ampiamente segnato dall'abuso di fattori psicologici e altrettanto ampiamente da interferenze corporative della grande industria, il fatto che la mortalità per numero di infetti scenda da sopra il 10% al di sotto del 3% possa essere considerato sufficiente. Evidentemente per noi non può essere così. Dai punti precedentemente espressi appare evidente che una chiusura rigida per altre due settimane potrebbe portare a fasi di maggiore sicurezza. Ma ci pare di poter dire che siamo già oltre. Quando si comincia a dire che si potrebbe riaprire senza aver definito adeguati protocolli di sicurezza poi non si riesce a tornare indietro.

Facendo un confronto con l'unica esperienza di grande rilievo e di successo (almeno sino a oggi) in merito al Covid, cioè la città cinese di Wuhan, possiamo considerare che le differenze strutturali con loro sono due: a) la presenza di uno Stato sociale avanzato che si caratterizza con una struttura sanitaria senza fine di lucro e nella capacità di mobilitare l'intera collettività al controllo attivo dell'epidemia, b) l'assenza di organizzazioni economiche e sociali votate a propri interessi diversi da quelli collettivi.

Queste due differenze sono alla base del raffronto, negativo per noi, tra l'esperienza italiana e quella cinese. La prima differenza porta a un tasso di mortalità subito elevatissimo per le carenze strutturali nella fase 1, la seconda causando un ritardo grave, elevato ma non quantificabile nell'abbassamento del numero di infetti.

Mentre scrivo il presidente di Assolombarda Bonomi (industriali) è stato nominato presidente nazionale di Confindustria, proprio dopo aver dato il suo contributo in Lombardia, contributo sprezzante della salute e delle regole generali, contributo del tutto dimentico di qualsiasi altro problema che non fosse l'interesse loro privato. Le sue prime parole esprimono il rammarico per la cattiva fama di cui gode ora la sua categoria (chissà perchè) e il disagio per un Governo nazionale che 'non sa dove vuole andare' (cioè che non va dove vuole lui, o che almeno non ci va decisamente). Della serie l'ometto alza pure la voce.

E' questo sovversivismo a rappresentare il problema più grosso per la nostra salute. Nell'approssimarsi della crisi economica costoro fanno la voce grossa, la bussola della ripresa non dovrà essere l'interesse collettivo e collettivamente gestito, ma l'interesse padronale. Tanto, si crede e si calcola, i lavoratori saranno più ricattabili e appartenendo a classi di età meno soggette al decorso grave del morbo epidemico, qualsiasi effetto drammatico in questo senso, ovvero la trasmissione alle loro famiglie, sarà difficilmente dimostrabile.

Possiamo ben dire che questo è il problema più grave da affrontare per quelli che , come noi, sanno esistere un grave problema economico legato alla crisi, problema che riguarda l'intera collettività, ma che questo non può essere separato e gestito a prescindere da quello sanitario.

Il costo del sovversivismo dei grandi industriali è già stato altissimo, non ci si costringa a considerare l'ipotesi che di costoro c'è già chi a saputo fare a meno, e con ottimi risultati.