IL TTIP E LE SUE CONSEGUENZE SUI LAVORATORI

Il TTIP, Trattato Transatlantico per il Commercio e gli Investimenti, è un accordo tra Stati Uniti e Commissione Europea, che regolerà la più grande area di libero scambio del mondo - 800 milioni di consumatori che rappresentano il 54% del PIL mondiale. Le trattative, che dovrebbero terminare entro il 2015, si svolgono per lo più in assoluta segretezza nei confronti dell'opinione pubblica (come ha tra l'altro denunciato lo stesso Parlamento Europeo...) tant'è che dei 154 meeting informativi solo 19 si sono svolti con gruppi di interesse pubblico mentre gli altri con le lobby industriali. Sono infatti le grandi corporation internazionali ad avere promosso i negoziati ed a spingere per la loro conclusione, in particolare le industrie agroalimentare ed informatica americana ed i gruppi industriali automobilistici europei ( do you remember Fiat? ne parliamo più avanti).
Gli obbiettivi del trattato, e di altri trattati simili già firmati tra EU e Canada in attesa di ratifica dal Parlamento Europeo e di quelli nazionali, come il CETA (Accordo Economico e Commerciale Globale) e lo SPA (Accordo di Collaborazione Strategica), sono:
- La riduzione delle barriere tariffarie (dazi doganali), di per sé già molto basse ed in fase di smantellamento da parte del WTO (Organizzazione Mondiale del Commercio).
- La “armonizzazione” delle barriere non-tariffarie (normative sul lavoro, ambientali, igieniche, di sicurezza alimentare ecc.), che porterà i nostri standard ad abbassarsi su quelli americani. Basti pensare, per esempio, che dei 18 articoli della Carta Internazionale dei diritti dei Lavoratori gli Stati Uniti ne hanno sottoscritti solo due, e che delle 12.000 sostanze vietate nell'industria cosmetica, perché ritenute cancerogene, negli USA ne sono proibite solo 12 (dodici!)..
- Garantire meccanismi legali (ISDS) che regolino le dispute tra investitori e Stati, ovvero quelli stessi “meccanismi” che, a seguito di simili accordi, hanno permesso ad una multinazionale energetica con sede in Svezia di citare in giudizio per miliardi di euro lo stato tedesco per la decisione di chiudere le centrali nucleari ed investire nelle fonti rinnovabili (eolico, solare ecc.).
I vantaggi di tale accordo, secondo il rapporto commissionato alla CERP (una lobby bancaria...) sarebbero l'aumento delle esportazioni da e verso gli Stati Uniti, particolarmente per quanto riguarda i settori agroalimentare, metallurgico ed automobilistico, e un incremento del PIL dello 0,5%. In questo periodo di crescita-zero, a prima vista, ciò sembrerebbe un buon risultato, se non fosse che....quello che non viene detto è che l' aumento di PIL è calcolato al 2017, ovvero si avrebbe un incremento annuo dello 0,03% circa!!! Se l' accordo entrasse in vigore oggi, nel 2015 avremmo una crescita media europea dell' 1,38% invece del previsto 1,35. C'è davvero di che gioire!
Un altro vantaggio, a detta dei sostenitori dell'accordo, sarebbe un aumento dei posti di lavoro. Ma come si verificherebbe tale incremento? Secondo le stesse stime, in realtà, non ci sarà aumento di posti di lavoro ma un “trasferimento” occupazionale dai settori più svantaggiati rispetto alla concorrenza USA verso i settori più competitivi. Questo significa che, per esempio, se la siderurgia europea non è competitiva rispetto a quella americana ma l' agricoltura si (e, tra l'altro, non lo è...), le fabbriche chiudono e gli operai vanno a lavorare la terra o, magari, si “trasformano” in tecnici informatici. Facile, no?
Per l' Italia in particolare questo meccanismo avrà un effetto catastrofico sulle piccole e medie imprese, le più esposte alla concorrenza internazionale, che rappresentano il 90% circa dell'industria e che verranno schiacciate dai colossi americani, privando il nostro paese di strumenti competitivi che non siano la “contrazione salariale”. L' Unione Europea stessa ha ammesso che il Trattato potrebbe causare disoccupazione e ha chiesto agli stati membri di preparare “strumenti compensativi” adeguati per tamponare l'emergenza sociale che ne potrebbe derivare.
Da dove vengono allora i circa 500 euro di guadagno (annuo) per famiglia di cui hanno parlato? Semplice, dal minor costo dei prodotti e dei servizi importati dagli Stati Uniti (dove, ripetiamo, il lavoro costa meno) e ne usufruiranno quindi solo i pochi che potranno ancora permettersi di fare acquisti, d'altro canto quel che conta per gli economisti è la media, se una famiglia risparmia 5000 euro e dieci famiglie muoiono di fame è solo un dettaglio...
Preoccupazioni per gli effetti del trattato vengono espresse, tra l'altro, dai rappresentanti dei lavoratori di oltreoceano, come ha recentemente dichiarato, in una intervista a Lettera41, Damon Silver, direttore dell' Afl-Cio, Confederazione Sindacale che raccoglie 57 sindacati e 13 milioni di lavoratori. Se l'accordo rappresenterebbe un'occasione di creazione di posti di lavoro per gli americani, a causa del minor costo del lavoro, il pericolo è quello di un diffuso “effetto Marchionne” (Sic!), ovvero che all'aumento della produzione USA corrisponda disoccupazione ed impoverimento dei “potenziali clienti” europei, in un ciclo perverso che porterebbe ad un aggravarsi della crisi generale dell'economia. Secondo l'avvocato Davis l'accordo dovrebbe prevedere non una “armonizzazione” al ribasso ma un innalzamento dei diritti, tramite l'adozione anche da parte americana di tutti i 18 articoli della Carta Internazionale dei Diritti dei Lavoratori e l' abbandono, in Europa, delle politiche di deregolamentazione del mercato del lavoro richieste dalla Troika.
I lavoratori americani invidiano le conquiste sociali avvenute in Europa negli anni, ormai passati, delle lotte operaie.
I nostri politici le svendono per 30 denari, o anche meno, per lo 0,03% del PIL.
Un ultimo punto che dovremo ricordare quando i nostri politici ripeteranno il solito ritornello “È l' Europa che ce lo chiede”, è che uno dei risultati dell'aumento di esportazioni verso gli Stati Uniti (come sostiene sempre il rapporto CERP) causerebbe un calo degli scambi commerciali tra i paesi europei (-29% tra Germania e Italia), rendendo i singoli paesi più vulnerabili (e dipendenti dagli USA) e la coesione europea ancora più fragile.
La ratifica da parte del Parlamento Italiano, con passaggio in entrambe le camere, avverrà a trattative terminate e con un approccio “prendere o lasciare” senza possibilità di intervenire con modifiche o proposte.
Secondo voi, cosa dovremo pretendere come lavoratori da chi ci rappresenta in Parlamento? Prendere o Lasciare?
Intanto informiamoci, informiamo e discutiamone.