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IL VOTO IN REGIONE LOMBARDIA: DIMENTICARE IL COVID

Scritto da PCI Fed. Brescia.

Nei tempi giurassici in cui le elezioni regionali avevano ancora a che fare con la politica, nel senso che decidevano su diverse o opposte linee di gestione, in quei tempi, dicevamo, si sarebbero fatte carte false per avere un avversario debole come Attilio Fontana.

La sorte non benevola aveva fatto della sua regione, purtroppo la stessa nostra, il territorio martire per le morti da Covid, facendo emergere in breve le tragiche insufficienze politiche e strutturali di una Lombardia sino a poco prima lodatissima per sapienza gestionale e funzionalità sanitaria privata.

In quelle ore, giorni, settimane tragiche e febbrili del morbo, con le sirene delle ambulanze che laceravano l’aria centinaia di volte al giorno, mentre le persone vivevano l’incertezza di non sapere se sarebbero tornate a casa dal lavoro, se avrebbero rivisto i propri cari, ebbene con Attilio Fontana si ebbero le poche sicurezze di quel periodo: 1) che le fabbriche sarebbero rimaste aperte anche a costo della vita dell’ultimo operaio, 2) che si poteva contare solo su di una sanità pubblica peraltro abbandonata a se stessa, 3) che le forniture di materiali sanitari erano, nella migliore delle ipotesi, nel caos.

Nemmeno la crisi economica che ne è seguita ha prodotto poi prove migliori: a fronte di questa la Regione Lombardia coglieva l’occasione per ridurre ulteriormente i finanziamenti alla prevenzione degli incidenti sul lavoro proiettando la regione stessa, e la provincia di Brescia in particolare, a guidare la classifica europea dei morti sul lavoro.

Ora, secondo il manuale del piccolo democratico, quel vademecum di fantasia distribuito gratis dalla libera stampa liberale, avremmo dovuto discutere di tutto questo in una campagna elettorale regionale intensa, magari attivando scontri ‘all’ultimo sangue’ in cui chiedere conto di tante manchevolezze, di tante tragedie, aprendo a confronti impietosi nell’interesse dei cittadini, nel rispetto del valore delle loro vite, confronti fra diversi e opposti modi di gestione della salute pubblica.

Non è andata così. Ad urne chiuse gli unici argomenti elettorali che possiamo ricordare sono quelli relativi al minuetto tra diversi potentati regionali e all’unitarietà o meno delle forze di governo e di opposizione, ovvero i 5stelle uniti al PD, Renzi no, la Moratti nemmeno, Calenda chissà, con le sinistre radicali unite forse, anticomuniste di sicuro. Bravi! Ma per dire cosa? Non se lo ricorda più nessuno.

Lo svuotamento della campagna elettorale, come fosse una zucca ornamentale, privata prima dei contenuti di realtà e poi di quelli politici, ad opera dell’intero circo elettorale ha prodotto due risultati macroscopici: a) un assenteismo al voto raddoppiato (del 60%, era al 30%), assenteismo che per le dimensioni che ha assunto appare oramai un ammutinamento e b) la vittoria innaturale, in riconferma, di Attilio Fontana, attorno al quale ha funzionato un ‘cordone sanitario’ di omertà e omissioni bipartisan. La sua compagine, ha infatti perduto, come era prevedibile date queste premesse, un milione di voti rispetto alla tornata precedente. Ma la cosiddetta opposizione, pur recuperando la relazione elettorale con i 5 stelle, e’ riuscita a perderne in proporzione.

Su tutto ha dominato il modello di governo esistente in Lombardia, modello che emerge essere molto più che derivato dal sanitario privato, piuttosto da un privato parassitario, che scarica sul ‘pubblico’ i costi non remunerativi e lo condiziona, dall’interno, all'inefficienza per meglio competere.

E’ un sistema economico tentacolare che, a differenza della sanità pubblica, genera enormi profitti e quindi potentati, carriere, campagne elettorali, egemonia. La fortissima impressione che ne deriva è che questo modello di sanità arrivi ad essere modo di governare non essendo di fatto contrastato da nessuno, arrivando a scegliere i candidati in tutti gli schieramenti in campo, generando consenso sull’erosione del diritto alla salute, abbandonando alla solitudine e al dimenticatoio gli ‘eroi’ e i ‘martiri’ di una guerra al Covid che ha salvato e salva migliaia di vite ma che non produce utili e voti. Ecco perché Francesco Rocca, vincitore di centrodestra alle regionali del Lazio nelle prime dichiarazioni del dopo voto dice che per poter stare al governo almeno dieci anni dovrà mettere mano al modello sanitario. Lo vuole fare come quello lombardo, anche a lui piacerebbe vincere facile.

Lamberto Lombardi Segretario Provinciale PCI Brescia