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PiazzaLoggia

  • Ancora 28 maggio, ancora ferite aperte, ovunque, e ancora a chiedere la verità.

    Ma ci chiediamo se la verità già non la conosciamo, dopo quella infinita serie di depistaggi e

    ritardi e responsabili finti e poi veri ed esecutori, la verità che potrebbe darci il modo di tirare le somme, di

    disegnare un quadro che seppure indiretto ormai ha la forza per esprimere tutti gli elementi di cui

    abbiamo bisogno. Sapere chi depistava è già il passo fondamentale per capire il perché si è colpito.

    Ci chiediamo se accanto alla sacrosanta necessità di verità a volte non ci si nasconda dietro alla sua

    mancanza per non essere costretti a capire o a confessare di aver capito per non doverne trarre poi

    le dovute conseguenze politiche.

  • La tentazione cui vogliamo resistere è quella di adattarci ad una lettura per così dire 'minimalista' della stagione delle stragi italiane. Secondo tale lettura, avanzata anche da seri storici, per intenderci, democratici, un fattore costante di quegli episodi sarebbe la casualità, tra bombe che scoppiano per errore ed altre che per malfunzionamenti diversi non scoppiano. Tutto ciò a disinnescare una serie di letture politiche e dietrologie che molti, e noi tra loro, vorrebbero produrre mentre cercano un senso compiuto, un disegno avanzato, in quegli atti che ci hanno segnato.

    E' una lettura, quella minimalista, certamente corredata da una attenta e a volte estenuata conoscenza dei fatti. Ma, conoscendo una a una tutte le formiche che operarono in quegli anni, si corre così un primo rischio, ovvero quello di perdere di vista il formicaio, cioè di essere indotti a rinunciare a quella visione d'insieme di cui mai uno storico dovrebbe fare a meno come obiettivo.